Il 31 Luglio 2024, presso la sala consiliare di Villa Migliavacca, il prof. Enrico Baroncelli, con la collaborazione di Elio Spada, ha illustrato i contenuti del libro di Don Antonio Torri: “Discorsi e Poesie”, pubblicato nel 1865 dalla tipografia Franchi di Como a cura del vicario Bazzi e di alcuni amici che raccolsero gli scritti di don Torri. Il libro venne dedicato ai valsassinesi, ai preti e alla gente. Don Antonio Torri nacque a Onno nel 1812, a 20 anni entrò in seminario e divenne parroco di Primaluna dal 1840 al 1861.
Le sue prediche proponevano una ricetta cristiana per il buon funzionamento della famiglia, elemento indispensabile per creare una comunità. Don Antonio, grande confessore e predicatore, nonchè minuzioso descrittore della psicologia comportamentale spicciola della povera gente contadina, notava la discordia e la difficoltà nella convivenza familiare che descriveva come “triste spettacolo” con grave nocumento per i bambini. Rabbia e malcontento regnavano in case sporche e prive di decoro in cui nonni, genitori, figli, zii, cugini…stavano ammassati coi loro disperati e diversi bisogni cercando di mangiarsi il tozzo di pane in un angolo buio pur di trovare un po’ di silenzio. E quando c’è disordine nasce l’odio proprio là, dove amore e pace dovrebbero solo e sempre conservarsi.
Nel governo domestico, la mancanza di umiltà, la presunzione, la petulanza dei giovani nei confronti dei più vecchi, e infine la superbia sono i più acerrimi nemici dell’istituzione familiare e “le minime coserelle bastano per provocare litigi e vendette”. Quindi, secondo Don Torri, per ottenere la pace domestica è necessario che ogni membro rispetti il proprio ruolo familiare, forse le sue osservazioni sulla nuora sottomessa e sulla suocera regiura, sulle mogli insoddisfatte e sui mariti caporali non sono proprio in linea con la cultura contemporanea, ma il principio cristiano di fondo del rispetto familiare è sempre attuale.
Don Torri poi si scaglia contro i beoni, coloro che hanno il vizio del bere senza ritegno sino a perdere la ragione e spesso sono i capi famiglia che non solo privano le loro famiglie delle sostanze per vivere sperperando il poco denaro a disposizione che dovrebbe servire per comperare la farina o la stoffa per fare un vestito, ma diventano anche padri di male esempio per i loro figli . “L’imbriacone, alterato nelle sue facoltà mentali, si irrita, mescola i nomi di Dio e delle più sante cose con parolacce villane…diventa lo zimbello e la favola del pubblico, rutta la schifosità della sua ingordaggine…nelle osterie”. Così si legge nel libello: “Cecco l’imbriacone.“
Poi ci sono gli avari, quelli che sono ossessionati dall’accumulo di “roba”, anch’essi sono cattivi cristiani perché il vero cristiano, secondo gli insegnamenti di Gesù, è colui che non considera la “roba” il fine della sua vita, semmai il mezzo per fare del bene.
Ecco allora che Don Antonio Torri, richiamando l’Arcivescovo milanese Carlo Borromeo, comunica alla gente della Valsassina che Dio castiga con tempeste il magro raccolto, pestilenze e diluvi, perché tutto questo comportamento umano non rispetta la regola morale di Dio. Ma Dio sa perdonare chi si accosta con devozione ai suoi comandamenti, perché la sua compassione è grande.
Il prof. Baroncelli termina l’esposizione citando l’ ode: “La cacciata degli austriaci” scritta da Don Torri in quanto patriota e fervido sostenitore del Risorgimento che descrive lupi gli austriaci e agnelli i lombardi; e l’ode: “lo smottamento di Barcone”, che ricorda la frana della frazione che travolse casolari, prati e magenti, seppelliti vivi con grida miserabili durante una placida quiete.
Maria Francesca Magni