L’infiorescenza riprodotta nella foto, dal basso, punto di vista certamente insolito, è un vegetale molto comune nei nostri prati estivi dove i suoi “ombrelli” di fiorellini fitti e bianchissimi punteggiano il verde dell’erba alta. E la sua radice è molto utilizzata nelle cucine di tutta Europa. Compare inoltre quasi sempre negli orti nostrani dove i suoi fittoni vengono seminati in primavera e raccolti a mezza estate.
La denominazione scientifica, impartita dall’immancabile Linneo nel XVIII secolo, è daucus carota, di incerta etimologia. Capito di che stiamo parlando? Si tratta proprio della comune carota la cui radice a tronco di cono arancione allungato orna spesso i nostri piati di verdure cotte o crude che siano. Ma l’esemplare ritratto nell’immagine non proviene da un orto. Si tratta infatti del fiore di una carota selvatica dalla radice giallastra, anch’essa commestibile e dotata, come la sorella coltivata, di ottime proprietà alimentari.
Anche la carota selvatica infatti è ricca di vitamina A (betacarotene), B1, B2, B3, C, ed E. Inoltre contiene sali minerali in quantità (sodio, potassio, ferro, calcio, fosforo, magnesio, zinco, rame e selenio), zuccheri semplici e aminoacidi. Ma, come quasi tutte le verdure, è povera di proteine: un etto ne contiene poco più di un grammo. Possiede proprietà antiinfiammatorie, gastro protettrici, epato toniche, diuretiche (95% di acqua) ed altre ancora. Dalla carota si ricavano olii molto usati nella cosmesi in particolare per favorire l’abbronzatura. In cucina, oltre agli impieghi tradizionali come verdura cotta o cruda, può essere usata per preparare ottime confetture e succhi di frutta o frullati in abbinamento a frutti diversi. Ma prestate molta attenzione: i fiori della carota selvatica sono molto simili a quelli della velenosissima cicuta. Quindi, se volete utilizzarla per farvi un’insalata mista, rivolgetevi all’ortolano.