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Il viottolo che conduce al ponte romano di Crandola Valsassina è immerso nei boschi di castagni, roveri e carpini, allietato ai bordi dai garofanini di monte. A tratti la stradina diventa sentiero a seguito degli smottamenti. Si possono notare i sassi arrotondati nel centro del camminamento che nel secolo scorso facilitavano il transito dei traìni di legno trascinati dagli asini.
La passeggiata indicata è facilmente accessibile con partenza dalla frazione di Vegno, che dista a 1 km.ca da Crandola.

Sugli stretti vicoli si affacciano le vecchie case contadine, alcune riportano ancora la data di costruzione tra il 1800 e la fine del secolo, altre mostrano sulle facciate affreschi religiosi dai colori morbidi e solari.
La chiesina di Vegno dedicata a San Giovanni Battista ha le finestrelle colorate in prevalenza di celeste ed è talmente piccina che persino san Carlo Borromeo in visita in Valsassina disse che era grande come un uomo in piedi che tocca il soffitto. Interessanti, per gli amanti dell’arte, i dipinti all’interno di Aurelio Luini e Camillo Procaccini.
Proseguendo tra praticelli e rari orti, all’ingresso della boscaglia, si può ammirare un antico abbeveratoio ottocentesco per le mucche ricoperto di muschio e colmo d’acqua che fuoriesce da rigagnoli sotterranei del terreno poroso.

Accompagnati da una brezzolina fresca che fa volteggiare le foglie dalle mille tonalità di verde come se fossero campanellini, si giunge al ponte romano di Crandola.
I romani costruirono i loro ponti ovunque andarono dal 753 a.c. alla caduta dell’impero. Dei circa 900-1000 ponti censiti, il più antico venne costruito a Roma nel 142 a.c. detto ponte Aemilius.
I ponti romani venivano realizzati esclusivamente con pietre senza metallo nelle strutture e costruiti vicino a rocce dove poter collocare i piloni, poi si posizionava la centina di legno semicircolare su cui appoggiare i conci, pietre squadrate, per formare le 2 metà di 1 arco unite dalla chiave di volta, pietra appositamente lavorata per fare il centro d’unione delle 2 metà della centina.

Importanti erano gli enormi massi laterali che dovevano sopportare il peso del ponte.
Forse i romani copiarono dagli etruschi l’arte di creare la chiave di volta, ma la seppero utilizzare con maestria in opere monumentali come il Colosseo, gli acquedotti e i ponti.
I romani arrivarono in Valsassina, in Val d’Esino e in Valvarrone, perdendo, o lasciando, le tracce della loro abilità in materia urbanistica come i ponti.
Il ponte romano di Crandola è speciale, è così sottile nel punto della chiave di volta! Appare come un ponte di cristallo di roccia immerso nel canto del torrente che corre frettoloso e cerca di portarsi via i bagliori della sua luce…

Maria Francesca Magni

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