Quello ritratto nella foto, in primo piano, è un fiore dai molti nomi. C’è chi lo chiama Dente di leone, oppure Piscialetto (in francese “Pissenlit”), ma anche Stella gialla o Capo di frate. Questo florilegio onomastico fa capire che si tratta di un’essenza vegetale molto comune e distribuita sull’intero territorio nazionale. Infatti il Tarassaco (Taraxacum officinale) affolla in primavera i nostri prati e i bordi delle strade punteggiando il panorama di un bel giallo intenso.
Caratteristici sono i “soffioni” quelle delicate sfere grigio chiare semitrasparenti costituite dal residuo dei petali caduti al termine del ciclo vitale del fiore. I soffioni rappresentano il vettore di fecondazione anemofila dei semi che anche la più leggera brezza spinge dovunque spesso a grandi distanze contribuendo così alla diffusione. L’etimologia è incerta ma potrebbe essere di origine greca: “taraxis” (disordine o squilibrio) e “akas” (rimedio).
Infatti il tarassaco in tutte le sue componenti, foglie e radici soprattutto, rappresenta un’erba medicamentosa usata da millenni nella medicina tradizionale e in erboristeria poichè contiene alcuni principi attivi come antiossidanti, fenoli, potassio, magnesio e altro ancora. Il tarassaco, secondo alcune ricerche, è diuretico, dunque anti ipertensivo, favorisce la funzionalità biliare e l’eliminazione di elementi nocivi quali bilirubina e colesterolo e sembra sia in grado di purificare e disintossicare il fegato e di produrre effetti antiinfiammatori. Anche a tavola le foglie dentellate del Tarassaco, parente della cicoria, della quale condivide molte proprietà, trovano spesso posto come insalata amara. Anche le radici, dopo cottura, sono commestibili.