Sono passati 500 anni, dai tempi di San Carlo Borromeo, che un protestante giungesse in Valsassina a parlare di teologia. Emanuele Campagna, Valdese e Direttore del Centro Evangelico di Sondrio, il 25 Settembre 2024 all’Unitre-Valsassina presso la sede della Comunità Montana, ha presentato il pensiero del noto teologo della parola Paolo Ricca classe 1936 scomparso lo scorso agosto.
Enrico Baroncelli ha delineato il quadro storico della presenza dei Valdesi in Valtellina da ben 850 anni con il precursore Pietro Valdo di Lione. A nord dell’Adda, in territorio svizzero: la Valtellina, si insediarono i protestanti, a Sud c’erano i cattolici. Terra di guerra per oltre 30 anni tra Sondrio, Tirano e Morbegno dove si consumò il Sacro Macello nel 1620 a Sondrio conclusosi con la strage dei protestanti.
Mi torna in mente il monito di Papa Francesco sulla libertà di pregare in occasione della recente messa al bando della Chiesa Ortodossa legata al patriarcato di Mosca in Ucraina: “Ho timore per la libertà di chi prega…nessuno fa del male perché prega…si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua chiesa…per favore…”. Il Santo Padre, non immune da pesanti critiche, ha ancora la voce e il coraggio per parlare di pace e di libertà religiosa.
Lo studioso Emanuele Campagna ha definito il teologo Paolo Ricca un ecumenico protestante, cioè non settorista: era convinto di non essere l’unico cristiano al mondo. Ricca era consapevole che tutto quello che ci circonda è affare di Dio, non nostro, e il suo segreto era dare fiducia al prossimo perché solo in questo modo si possono avvicinare gli altri in uno spirito di condivisione. Le convinzioni del teologo si basano sulla rivelazione di Dio, sulla contemplazione del Creato, si stupisce per ogni vita che appare sulla terra. Solo la Bibbia conosce il significato di ciò che è incomprensibile all’uomo, è la Bibbia che fa riflettere sul miracolo dell’esistenza.
Ricca fu insegnante di Storia della chiesa presso la facoltà valdese di teologia a Roma, divenne pastore della Chiesa valdese nel 1962. Fu osservatore del Concilio Vaticano II e le sue relazioni furono tradotte in moltissime lingue. Fu membro del Consiglio ecumenico delle chiese con sede a Ginevra e presidente della Società biblica in Italia. Ottenne numerosi riconoscimenti e premi, nel 1999 anche il dottorato Honoris causa dell’Università di Heidelberg. Numerose le sue pubblicazioni che esortano l’uomo a credere in Dio, perché avere una fede non porta via nulla all’essere umano
anzi lo accompagna a fare meglio.
Il relatore ha puntualizzato che Ricca sosteneva la pace da vivere in concretezza nelle relazioni umane, sociali e personali, senza però ridurla alla spiritualizzazione, cioè alla riduzione di un sentimento interiore che non produce comunità fraterna. Altra insidia che mina la pace è la secolarizzazione, sosteneva Ricca, che considera la fede un’appendice della difesa ad ogni costo, legittimando la distruzione e l’uso delle armi, ma Dio si presenta all’uomo disarmato.
La formazione di Paolo Ricca, ha detto Campagna, è stata influenzata da tre intellettuali: Oscar Cullman e Karl Barth, oltre a Martin Lutero. Il primo aveva la concezione dell’unità come diversità riconciliata, soprattutto nel rapporto col cattolicesimo: non più contro ma a fianco in un continuo scambio di doni… Il secondo prospettava la teologia della parola attraverso il metodo storico-critico e si domanda: “se la Bibbia non è una notizia affidabile su cosa si basa la fede?” e si risponde:”ma come fa ad essere credibile un’apologetica che non ricostruisce il proprio credo su fondamenta bibliche?”.
Di Lutero, altro protestante di riferimento, cito le sue parole davanti alla Dieta di Worms nel 1521: “…io sono vincolato dalle scritture e la mia coscienza è prigioniera della parola di Dio. Non posso e non voglio ritrattare nulla, poiché andare contro coscienza è disonesto e pericoloso. Non posso fare diversamente. Qui io sto! Che Dio mi aiuti! Amen”.
Emanuele Campagna ha illustrato le chiavi interpretative della realtà precisate da Ricca nei suoi libri: essere adulti certificati, ossia approdare alla conoscenza per capire e avvicinarsi alla teologia per comprenderne la complessità; avere un’idea di speranza, che significa essere disponibile a rivedere il significato d’insieme; essere disposti ad accogliere la parola biblica. Il pensiero di Ricca si sofferma sul poema del 1914 di Charles Peguy sulla speranza. Peguy immagina Dio che parla tra sé e sé su fede, speranza e amore. Pensa Dio: “Valutando che non stupisce che ci sia la fede in questo mondo disperato, come non stupisce ci sia l’amore in un mondo così sprezzante, ma la speranza? No, ella non la capisco…è solo una ragazzina vivace e impertinente…come può una bambina sollevare anime storte e consunte?”.
Eppure la speranza è il motore che muove la storia umana ha ribadito Campagna, Ricca diceva che senza speranza l’umanità regredisce a forme pre-umane. Fu la speranza che spinse Abramo ad obbedire fiducioso a Dio con la cieca convinzione di toccare la terra promessa da Dio. Terra che Abramo non calpestò mai, fu beduino tutta la vita, questo perché Dio aveva qualcosa di più da dargli, di meglio per lui.
Il relatore ha sottolineato che la speranza è relativa ai bisogni dell’uomo, come la speranza di aver del pane se si ha fame, la libertà se prigionieri, il perdono se colpevoli, la grazia se condannati…e in ultimo c’è la speranza dei morti: la resurrezione…
Paolo Ricca ricordava che non dobbiamo avere il timore di sperare troppo, ma di sperare troppo poco, anche se dopo tante macerie di speranze fallite o tradite c’è la tentazione di assumere l’atteggiamento di non sperare più. Bisogna resistere a sperare che l’impossibile diventi possibile.
Emanuele Campagna ha concluso ricordando la speranza del dono di Papa Francesco: “io ho bisogno dell’altro perché c’è un dono di Dio nell’altro per me”.
MARIA FRANCESCA MAGNI