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La cosiddetta denominazione binomiale della pianta cui appartiene il fiore riprodotto nella foto, è opera del solito Carl Linnaeus (1707 – 1778) noto ai più come Linneo. Si tratta del Myrtus communis, il comune Mirto, pianta tipica delle regioni centro meridionali d’Italia (macchia mediterranea) e divenuto da tempo simbolo della Sardegna.

Però l’esemplare di “mirto bianco” immortalato dalla fotocamera dello smartphone è spuntato dalle nostre parti, nei pressi della pista ciclabile, complice forse il mutamento generale del clima dovuto al riscaldamento globale in atto da decenni del quale la caldissima estate che stiamo faticosamente sopportando potrebbe costituire efficace testimonianza.

Dalle bacche di mirto si ricava un liquore dolce e dal caratteristico aroma che può piacevolemente accompagnare, in funzione di “ammazzacaffé”, la conclusione del pranzo o della cena anche grazie alla non eccessiva gradazione alcolica che in genere supera di poco i 30 gradi. Nulla a che vedere insomma con grappa, brandy e whisky. Secondo la medicina tradizionale l’acqua distillata dai fiori di Mirto possiede anche proprietà antinfiammatorie, antisettiche e astringenti.

L’origine del nome viene fatta risalire al termine greco myron che significa “buon odore”. Attorno a questa essenza aromatica ruotano alcuni miti. Come quello della giovane Myrsine, giovane donna dell’antica Attica uccisa da un rivale che aveva superato in una gara di ginnastica. Impietosita la dea Atena trasformò Myrsine in un arbusto di Mirto. Più tardi la mitologia latina collegò il Mirto a Venere, divinità dell’avvenenza femminile, dell’amore e della fecondità, la quale appena sorta dalla schiuma del mare, trovò schermo alla propria nudità dietro un cespuglio di Mirto.

Più prosaicamente nel Lazio e in Campania l’arbusto viene chiamato mortella e veniva utilizzato per aromatizzare la mortadella che secondo alcuni prende nome proprio da mortella. Molto frequentato da api e altri insetti, il fiore del Mirto produce però scarsissime quantità di nettare: le api bottinatrici ne prelevano quasi esclusivamente il polline. Per questo il miele mirtaceo è molto raro.

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