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Giro gli appunti che ho utilizzato all’incontro di oggi convocato dal Comune di Lecco nella Sala Consiliare per aprire una conoscenza e, si spera, una possibile collaborazione tra soggetti che lavorano all’accoglienza. Angelo

18 ottobre 2024

Derive e Approdi
Tavola rotonda del 18 ottobre in sala consiliare a Lecco ore 14.30
Un elemento positivo nell’integrazione con chi viene da fuori
Prendersi cura di chi arriva: Gli adolescenti e il loro futuro.

Il prossimo anno (2025) l’associazione Comunità di via Gaggio compirà 50 anni di vita. Alle spalle i germi dei movimenti giovanili lecchesi espressi nel 1971 con il festival di Montalbano, con il sogno di abitare a Campsirago, di vivere di agricoltura, di viaggiare nel mondo, di essere alternativi al tempo.

Partire dalle domande è stato il nostro stile di vivere.
Alla fine degli anni ’90 ci siamo resi conto di arrivi nuovi e numerosi sul nostro territorio.
Arrivi di chi?
Di adolescenti da molti Paesi del mondo, per molti di loro come ricongiungimento familiare; altri alla ricerca di uno status di vita più confortevole.
La domanda che ci siamo posti è stata: se non ci si prende cura di loro, cosa potrebbe succedere a loro e quali conseguenze sul territorio che li ospita ?

Cosa facciamo?
Acquistiamo un vecchio fienile della fine ‘600 nel quartiere di Chiuso che, ristrutturato, chiameremo Casa sul Pozzo, intendendo uno spazio/casa aperto e accogliente.
Organizza le proprie energie per accompagnare gli adolescenti e il territorio.

Perché mettiamo l’attenzione sugli adolescenti?
Le ragioni sono abbastanza ovvie. Gli adolescenti sono il già e il non ancora.
Noi abbiamo deciso di lavorare sul non ancora.

Cosa offrire?
Una casa accogliente.
Un pasto (siamo stati educati a questo dalla domanda che Cristina che per tanti anni ha preparato il pranzo nella sua casa di Chiuso per tutti noi ci chiedeva appena entrati: hai mangiato? A lavarsi le mani)
Bisogno primario ma anche attenzione alla vita e rito di benvenuto. Quindi il pranzo come in una famiglia.
La compagnia di adulti e giovani che siedono allo stesso tavolo, ogni giorno.
La parabola che raccontiamo è come essere casa, con quello che evoca e indica il termine.

Cosa chiediamo e offriamo a chi arriva?
Un impegno personale.
Una vita di gruppo, perché è con la mediazione degli altri che usciamo dalla nostra bolla, che impariamo di più non a ripetere delle parole ma a costruire un proprio habitat.
Una casa laboratorio dove si impara facendo con gli altri.

Si attivano così dei processi che vengono giocati nella vita di gruppo, nel rientro nelle loro famiglie, nell’ambito delle proprie scuole.
Giocare a far scoprire i piccoli successi piuttosto che appesantire sottolineando gli errori.

Il cardinale Martini aveva offerto un suggerimento di metodo e di sguardo ponendosi una domanda: come vivere in uno stesso territorio, tutti così diversi, senza uccidersi o soltanto tollerandosi? Bisogna fermentarsi reciprocamente.
La fermentazione reciproca ci fa uscire tutti (noi e chi arriva) un po’ meticci.
Ce la sentiamo?

Attiviamo tre proposte:
Continuare a vivere assieme alla casa ospitando un piccolissimo numero di giovani.
Realizzare il progetto crossing che accompagna dal pranzo fin verso sera i giovani delle scuole superiori ; il numero maggiore proviene dalle immigrazioni, un numero consistente sono di religione musulmana, c’è un sostegno scolastico ed altre attività formative
Continuare e rendere più ampia la collaborazione con il Cpia di Maggianico.
Continuare il dialogo con la moschea Assalam situata di fronte alla nostra casa.

A questa traversata di adolescenti/giovani si aggiunge un fenomeno esplosivo, violento e doloroso, che non deve soltanto generare paure, ma spingere ad un lavoro concreto per la reale integrazione: il meticciato di civiltà e culture come lo ha definito il cardinale Angelo Scola. Forse il diventare meticci è permettere che le fragilità di tutti diventino un terreno cosciente sul quale incontrarci, tensione profonda con la quale riconoscerci, scambio di disponibilità a intuire quello che la vita chiede di mettere in atto. A questo dobbiamo dedicare tutte le energie con la serietà e la fatica del lavoro e con la gioia consapevole che stiamo costruendo una città vivibile che cerca canoni di nuova armonia.

Cosa è necessario per realizzare questo?
Volontari di qualità che sanno camminare a fianco dei giovani; ci vuole un buon profilo affettivo e una qualità di offerta e di richiesta. Non basta solo offrire del cibo ma anche come lo offri.

Immergersi nella vita della città, conoscerla da dove vivi, sperimentare le relazionii.

Le difficoltà. Noi facciamo un lavoro di supporto, di sostegno, andando tra le pieghe delle lezioni e dei metodi dei professori e le attese dei genitori: orientare il patrimonio dei giovani. Imparare ad essere umani.

Come far dialogare la cultura di origine con quella nuova nella quale sono venuti ad abitare e farne diventare una nuova?
La denatalità; la bassa motivazione dei giovani che arrivano e uno scarso allenamento alla vita faranno del nostro territorio un ambiente sempre più fragile e meni appetibile.

Sento il bisogno della costruzione di una rete che sostenga un dialogo tra tutti e sviluppi delle sinergie per rendere una vita possibile alla nostra città/territorio.

Appunti di Angelo Cupini

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