Pienone anche al Cinema Aquilone di Lecco, come in molte altre sale italiane, per le proiezioni del nuovo film di Andrea Segre ed Elio Germano dedicato alla figura di “Enrico Berlinguer, la grande ambizione“.
Presenti molti di noi ex militanti, una volta giovani desiderosi di “cambiare il mondo” e oggi con i capelli bianchi e qualche acciacco fisico: ma la nostalgia rimane, la nostalgia di una sinistra forte, quasi al 40% dei voti (quando gli italiani andavano al votare, quasi l’80% degli aventi diritto si recavano alle urne, non certo come oggi che siamo al 48%).
La nostalgia di un Partito forte, che teneva la barra dritta e sapeva parlare all’anima dei suoi sostenitori : un milione e mezzo di iscritti, dieci volte tanto gli attuali iscritti al PD tanto per dire. “L’ultimo Partito serio della Sinistra“, come spesso mi capita di dire..
Eppure qualche dubbio anche il film lo suscita. Enrico Berlinguer era un politico sicuramente onesto e tutto d’un pezzo (qualità oggi rara) : uno dei suoi interventi, in un’Italia già avviata alla recessione (la crisi petrolifera degli anni ’70, quando la Domenica si andava a piedi o in bicicletta) riguardò proprio la “Questione morale“, un libretto che anche oggi consiglierei di studiare a memoria (che però non viene citato nel film).
Tra i primi aveva considerato la crisi dell’Unione Sovietica : l’implosione del 1991, quando Berlinguer era morto da 7 anni, non fu improvvisa. Lo si era capito dalla Rivolta di Budapest (1956), quando molti deputati comunisti si dimisero per entrare nel PSI, ancor più la Rivolta di Praga (1966), quando i Cecoslovacchi sfidarono i carri armati russi, e Jan Palach si immolò bruciandosi in piazza.
“La spinta propulsiva ” dell’Unione Sovietica era finita da un pezzo : anche questa sua definizione fu un intervento di rilevanza storica, e il film avrebbe dovuto citarla (in realtà questa cosa l’aveva già capita Andrè Gide nel lontano 1927 !).
Quali soluzioni quindi bisognava prospettare al “popolo comunista“, senza perdere i vasti consensi ottenuti e soprattutto il patrimonio storico del PCI ? Questo fu il vero dilemma su cui Berlinguer dovette confrontarsi, senza in realtà riuscire a trovare una soluzione convincente.
Allontanarsi dall’Unione Sovietica e non apparire più agli Americani come la “longa manus” dell’Urss ? Bene, e questo venne apprezzato da Aldo Moro, disposto qualche giorno prima di essere rapito dalle Brigate Rosse ad aprire a un Governo della DC con i Comunisti (e probabilmente proprio per questo venne ammazzato, ma questo è un altro discorso).
Tornare alle origini e ricomporre la frattura con il Partito Socialista Italiano, dichiarando esaurita l’ esperienza del Partito Comunista, dopo la scissione di Livorno del 1921 ? Questo fu un problema che si pose nel 1991, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica e il sostanziale dissolvimento di molti Partiti Comunisti europei (Francese, Spagnolo, Portoghese, meno in Germania e in Inghilterra dove la Socialdemocrazia era molto più forte, SPD e Labour Party) .
Berlinguer sostanzialmente non sapeva che pesci prendere: si inventò una “Terza Via” (concetto ripreso trent’anni dopo da Tony Blair in Inghilterra, anche qui però con scarsi risultati) e addirittura un “eurocomunismo” che in realtà aveva ben poco senso. Concetti molto teorici e poco concreti, che infatti vennero sostanzialmente spazzati via poco dopo la sua morte.
Mentre però, lanciando l’ipotesi del “Compromesso Storico“, aveva capito che il futuro della Sinistra doveva stare in un’alleanza stabile con i Moderati e con le forze riformiste cattoliche (concetto basilare ripreso nel 1996 da Romano Prodi e dall’Ulivo).
A suo sfavore giocavano purtroppo i pessimi rapporti con i Socialisti, che si avviavano all’ “era di Bettino Craxi“, desideroso di allontanarsi quanto più possibile dai Comunisti e persino dai fondamenti teorici del Socialismo : basta Marx e riabilitazione di Proudhon e dei “Socialisti Utopisti”, di cui aveva parlato al sottoscritto e a Giampiero Goggi in una importante intervista per Radio Valsassina al Festival dell’Avanti a Perledo nel 1978.
Chiusa l’era del Fronte Popolare social-comunista, che aveva portato alla sconfitta del 1948, i Socialisti di Nenni al governo dal “CentroSinistra” dal Dicembre 1963 (anche qui Governo Aldo Moro) rimarcarono sempre di più le loro distanze dal PCI anche di Berlinguer (e stranamente i Socialisti non sono mai citati nel film).
Questo rendeva difficile ricomporre la “scissione di Livorno”con il PSI, ricostruendo un unico Partito riformista di Sinistra : ipotesi che qualcuno avanzò seriamente all’inizio degli anni ’90, e che probabilmente, vista col senno di poi, sarebbe stata quella più logica e credibile (ma anche Craxi si oppose).
Il povero Berlinguer quindi dovette arrampicarsi sugli specchi per inventarsi una “Terza Via” mai esistita : nella storia il movimento socialista e operaio è sempre stato o “Massimalista-Rivoluzionario”, come Nicola Bombacci, il primo promotore a Livorno della scissione del PCI (finito a testa in giù a Piazzale Loreto nel 1945 insieme al suo amico Mussolini) oppure “Riformista e Social-Democratico”, come il grande Filippo Turati di Canzo, fondatore del PSI e purtroppo inascoltato negli anni del radicalismo 1919-21, che aveva capito tutto settant’anni prima di Berlinguer !
“Tertium non datur” ! Oggi sicuramente la prima ipotesi è ormai archiviata, rimane sul campo solo la seconda.
Rimane però anche tanta nostalgia, per un entusiasmo, una generosità, una volontà di cambiamento, che oggi ci sogniamo col lumicino !
Enrico Baroncelli