Da bimbo, ero convinto che la frutta crescesse dentro il negozio del fruttivendolo, in qualche cassetto misterioso.
E invece no.
I limoni, ad esempio, crescono sugli alberi. Dapprima sono verdi e poi qualcuno li colora di giallo.
Adoro cogliere i limoni e rubarne il profumo.
Tempo fa, nel giardino della villa di un conoscente molti alberi gonfi di limoni spandevano la loro bellezza in maniera diversa. Più malinconica del solito. Il proprietario di quei limoni se n’era andato, improvvisamente, a 68 anni, abbracciato alla sua malinconia.
E noi, lì. Increduli, alle prese con i soliti terribili silenzi che si regalano ai famigliari di qualcuno che non è più con noi. Ma è altrove. E magari è finalmente felice.
Lo avevamo incontrato due giorni prima. Sempre gentile. Innamorato da sempre della mia fidanzata. Detestava l’origano. Così mi disse tempo fa durante una cena. E adesso di lui restavano solo i ricordi di una vita vissuta a lungo in solitudine, per scelta. L’ex moglie di qui, lui di là e i figli altrove. Ma i suoi alberi di limoni, invece, sempre al solito posto. Immobili, ad osservare il mondo che cambia, la gente che viene e quella che va. Ad ascoltare i rumori del mondo che non arresta mai la sua voglia di cambiamento.
I quadri, frutto del suo talento, appesi alle pareti. I figli, circondati da parenti e amici. La moglie, spenta da anni, quasi assente.
Dopo qualche minuto, usciamo in giardino. Incontriamo un’amica e immediatamente, quasi per esorcizzare tutte le emozioni del momento, iniziamo a parlare di tutto, tranne che di morte. Accanto a noi, un magnifico albero di limoni tenta, invano, di regalarci la sua ombra.
Quella sera, avremo un appuntamento con degli amici. Hanno prenotato un tavolo in un locale sul mare, dove ci sarà della musica e si potrà bere e ballare fino alle 3.
Così è la vita. Morte, musica e allegria e tutto il resto riescono a fondersi con disinvoltura, mentre la vita ci scorre tra le dita, come la sabbia calda d’estate.
Passa qualche giorno e Facebook, sì proprio lui, ancor prima che lo faccia qualcuno in carne ed ossa, ci dice che uno dei tre gemelli di un’amica non è riuscito a sconfiggere la leucemia che lo torturava da quasi un anno. Anche lui se n’è andato, a 35 anni, da qualche parte nel cielo o nel mare o nel vento. Anch’egli abbracciato alla sua malinconia e alla sua fatica di vivere.
Di lui ricordo che amava corricchiare sul lungomare. Insegnava al nord. La banca gli aveva negato il mutuo. Troppo alta la rata da sopportare per lui che guadagnava solo 1500 euro al mese. Finalmente, non avrebbe più avuto l’assillo di pagare l’affitto del suo bilocale. Lasciava, però, un vuoto incolmabile nel cuore di sua madre e dei suoi due fratelli. Perché non tutti gli spazi vuoti possono riempirsi. Alcuni restano vuoti e basta. Fino alla morte del tempo.
Siamo tutti lì, sul piazzale della chiesa. Centinaia di persone, mentre una musica straziante si alza nel vento, prigionieri di una estate torrida, ma che pare aver congelato ogni cosa. Soprattutto l’anima della madre. Tra le mani, mentre esce dalla chiesa, tiene l’urna contenente le ceneri di suo figlio. Ho sperato, chissà perché, che la nostra amica nella folla non si accorgesse di noi. E invece, di colpo, ci ha colpito con lo sguardo. Avrei voluto scomparire in quel momento. Non vederla così annullata, schiantata e crocifissa dalla vita. Oltre ad un ridicolo cappellino, ho in tasca un paio di occhiali da sole, quelli da 5 euro, assolutamente indispensabili per mascherare un’irresistibile voglia di piangere.
Fuggiamo dopo un po’. Ho parcheggiato la mia Skoda TD del 2007 in una viuzza poco distante. Mentre chiudo la portiera, vedo di fronte a me un ragazzo del tutto simile all’involontario protagonista di quel funerale. Ha in mano qualcosa… È uno dei tre gemelli. Trasporta le ceneri del fratello. La madre è da qualche parte, travolta dalla sua disperazione.
Metto in moto e fuggo via. Anche quella sera, saremo con amici. Hanno prenotato da qualche parte. D’estate si sa, è d’uopo ridere, ballare, fare tardi, dimenticarsi del fumo acre e senza profumo che annerisce il mondo.
Ma io non ho voglia di ballare. Mi piacerebbe cogliere limoni per strada, da qualche albero dimenticato. E respirare il silenzio. Da solo. E togliermi gli occhiali da sole. Quando è buio non servono. Sono pleonastici, come un bicchiere vuoto sulla tavola, quando nessuno ha voglia di bere.
CARLO ROSALIA
(corrispondente dalla Sicilia)