Fra i primi ad occuparsi diffusamente della pianta di cui parleremo oggi e riportata nella foto, è stato il celeberrimo padre fondatore delle discipline mediche: Ippocrate, greco nato a Coo verso la metà del V secolo avanti Cristo.
Ma l’utilizzo medicamentoso dell’Ortica era già noto da molto tempo presso gli egizi che ne facevano largo uso. Originaria dell’Africa, attualmente è diffusa dovunque nelle zone temperate del pianeta. Alle nostre latitudini può spingersi fino ad oltre 1500 metri di quota. Il nome scientifico “Urtica dioica” è stato imposto dal solito Linneo nella seconda metà del XVIII secolo. L’appellativo generico “Urtica” deriva dal termine latino “urere”, bruciare dal momento che le foglie dell’Ortica sono ricoperte da sottilissimi aghi che a contatto con la pelle rilasciano una sostanza irritante i cui fastidiosi effetti possono durare anche alcune ore, mentre l’indolenzimento residuo può protrarsi per un paio di giorni.
Il termine specifico “Dioica” deriva dal lemma greco διοικία (dioikìa: di = due; oikìa = case) dunque “doppia casa”, poiché per la riproduzione sono necessari due individui diversi; ogni singola pianta possiede infatti solo organi maschili o solo organi femminili.
Foglie e radici dell’Urtica dioica possiedono un alto potere nutritivo poiché contengono numerose sostanze e principi attivi fra i quali ferro, calcio, potassio, sodio, magnesio, manganese, selenio, carotenoidi, fitostenoli, polisaccaridi, vitamina A e C, proteine e aminoacidi.
La medicina tradizionale, ma in alcuni casi anche quella moderna, considera l’Ortica un vero e proprio toccasana in grado di curare numerose patologie fra cui ipertrofia prostatica benigna, ritenzione idrica, renella, dolori reumatici, edemi, gotta e altro ancora. L’Ortica può essere usata anche in cucina come verdura per accompagnare minestre e risotti e tortellini, proprio come i nostrani cornagitt e i cugoî .
In passato dai gambi dell’ortica si ricavava una fibra tessile simile alla canapa per la produzione di tele che potevano essere colorate anche con una tintura ricavata dalle foglie della medesima pianta. L’antichissima dimestichezza dell’uomo con questa essenza vegetale trova conferma anche nel ritrovamento, in Danimarca, di una necropoli contenente alcuni sudari funebri risalenti all’età del bronzo, prodotti proprio con fibre di Ortica.