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La prima manciata di neve come farina imbianca l’antico sentiero, oggi comoda stradella asfaltata, che da Cassina porta a Mezzacca. La cartolina invernale che appare commuove tanto è struggente il contrasto dell’ombra e della luce del sole in cima al torrente ghiacciato…

Paride Cattaneo Della Torre nel ‘500 descriveva Mezzacca così: “…alloggiamenti di pastori et si chiamano in Mezza acqua per essere siti tra due vallette…”.
Questa è terra dei bergamini, i pastori della Valsassina e della Val Taleggio, che per secoli hanno percorso con le mandrie i sentieri delle nostre montagne fino alla bassa pianura lombarda per svernare, e tornare sugli alpeggi in primavera.

Tra le nebbie fitte e il silenzio greve: mucche a passo lento, grossi cani ‘belusciotti’, bergamini coi mantellacci neri che viaggiavano sui carri, seguiti da un asinello che portava appeso alla soma un pentolone di rame per fare il formaggio col latte munto in giornata lungo il percorso.
Di tanto in tanto il petto rosso di un pettirosso ravvivava il cammino dalle mille sfumature di grigio.
E d’estate, quando l’ombra del Culmine colorava di bluastro i prati e la galaverna del Pioverna raggelava i gusci delle noci morsicchiati dagli scoiattoli, i bergamini scendevano a valle, passavano la città di Lecco, poi la Brianza, fino a Milano e poi più giù…A Ballabio, su una dorsale del Due Mani, un gruzzolo di casupole incorniciate da migliaia di genziane blu in aprile, vengono identificate come ‘le baite dei bergamini’, l’ultima roccaforte dei pastori erranti prima della discesa.

Durante questo tragitto i bergamini producevano gli stracchini col latte delle “vacche stracche” per il lungo andar su e giù pei monti…
L’incontro dei pastori montanari coi contadini della bassa contribuì a migliorare la conoscenza della cultura agroalimentare del formaggio e la nascita di grandi aziende casearie come Invernizzi, Locatelli, Mauri, Galbani, Acquistapace, Ciresa, Cademartori, Ganassa, Carozzi, Rota…oltre a dar vita a numerose imprese familiari ancora presenti in tutta la Valsassina.

A Mezzacca è rimasto intatto il piccolo borgo rurale di allora: qualche stalla, un orto, una chiesetta dedicata alla Madonna della Neve e a San Francesco da Paola costruita tra il 1745 e il 1747 e, all’ingresso del gruppetto di case, strette l’una all’altra quasi a sorreggersi, c’è un’edicola con affreschi del ‘600 ristrutturata come si legge sul cartello affisso sul lato sinistro di una grande cascina. Due gattoni mi guardano curiosi mentre mi avvicino e noto sull’angolo destro della cascina un altro cartello con lo stemma sabaudo nel mezzo su cui è scritto: Ministero della Educazione Nazionale, Scuola Rurale di Mezzacca”.

La prima scuola rurale nasce nel 1880 su iniziativa di Cosimo Ridolfi, proprietario terriero a Meleto dove lavoravano parecchie famiglie. Fu un progetto di educazione per i figli dei contadini al fine di coniugare l’apprendimento degli elementi basilari del leggere, scrivere e contare, con la conoscenza delle nozioni sull’allevamento del bestiame e sulla tecnica della coltivazione relative alla utilità di diventare un buon contadino. Seguirono numerose proposte di scuola rurale da parte di sacerdoti che sostenevano con vigore l’importanza della scuola per i giovani cresciuti nelle campagne come bocche da sfamare e riversati sulle strade cittadine come pacchi senza destinazione.

Uno di questi santi lungimiranti fu Don Giovanni Bosco a Torino. Ma anche su iniziativa di privati illuminati come Domenico Cena che nel Lazio, ai primi del ‘900, istituì scuole itineranti per i pastori…Lo Stato nel 1923 decretò l’estensione della scuola rurale in tutta Italia, nel 1940 se ne contavano oltre 10mila. Le scuole rurali non furono gestite in modo diretto dallo Stato, ma vennero lasciate in mano a varie istituzioni semipubbliche e private. La diffusione della scuola rurale con questo sistema fu rapida perché priva di burocrazia e la spesa era ridotta all’osso. L’insegnamento era basato sul volontariato di qualche buona donna o buon uomo di scarsa preparazione, formazione ed esperienza. Inoltre gli ambienti dove i bambini studiavano erano poveri, prevalentemente fienili, e i programmi erano ridotti al minimo del quasi niente dei contenuti espressi. Ciò causò un notevole divario con la scuola elementare di Stato, si crearono di fatto due tipi di istruzione primaria.

Ho visto la pagella delle elementari di mia zia Enrichetta che, proprio in quel periodo, frequentava le elementari regolamentate dallo Stato con docenti assunti dallo Stato a Esino Lario. In paese non esisteva la scuola rurale. Tra le discipline esposte: matematica voto 6, cultura fascista voto 10.
I due gattoni guardiani mi vengono incontro, adesso sono loro i custodi della scuola rurale di Mezzacca.
Sarebbe auspicabile che almeno uno dei paesi della Comunità Montana della Valsassina, Val d’Esino, Valvarrone e Riviera istituiscano sul territorio un museo della scuola…quante le pagelle, i quaderni e gli astucci antichi tra la polvere delle nostre soffitte!

E’ necessario raccogliere memoria per capire e leggere il tempo della vita.
La scuola è storia, è documento umano di cultura e tradizione.
E’ la serratura che apre alla conoscenza, è il sapere che rende liberi.
La chiave è appesa sullo stipite della porta.

MARIA FRANCESCA MAGNI

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