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Il fiorellino bianco dall’aspetto delicato, si mostrava timido lungo la pista ciclabile nei pressi della pineta di Introbio. Guardando con più attenzione se ne notavano altri, semisolitari al margine del bosco, dove il trerreno si inerpica verso le “piudisce” di verrucano. Si tratta di un esemplare di Stellaria neglecta, più noto come Centocchio, una specie erbacea perenne diffusa in quasi tutta Europa, che, come vedremo fra poco, si presta ad alcuni usi anche gastronomici.

L’appellativo generico Stellaria (imposto dall’onnipresente Linneo nel XVIII secolo) fa riferimento al vocabolo “stella” poiché in piena fioritura i fiori ricordano vagamente una stella a dieci punte. Il nome specifico “neglecta” deriva dal latino “neglectus, col significato di trascurato, dimenticato, forse a causa dell’espetto quasi insignificante di questo piccolo fiore bianco. Il termine latino è composto dalla radice nec (non) e légere, forse nel senso di cogliere ma il verbo latino possiede anche altri significati come leggere, percorrere, costeggiare e così via. Etimo dunque dal significato molto incerto.

Ma questa “insignificante” essenza erbacea era e in parte è tuttora piuttosto nota in cucina dal momento che gli apici giovani vengono a volte mescolati ad altre verdure nelle insalate o lessati. La pianta è ricca di potassio, sodio, magnesio e vitamina B e C, mentre secondo la medicina tradizionale ha effetti antinfiammatori, antireumatici e favorisce la digestione. Però contiene anche saponine che in quantità eccessiva possono risultare tossiche. Il consiglio è dunque: lasciate perdere la Stellaria che la saggezza dei botanici non a caso ha definito specificamente “neglecta”. Se proprio volete destinarla ed usi alimentari, datene pure alle galline: pare infatti che la Stellaria sia in grado di incrementare la produzione di uova.

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