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Il blu viola intenso si sporgeva con violenza dal verde cupo del fogliame ben sostenuto dal giallo cromo delle antere. Il minuscolo fiore rappresentato nell’immagine spiccava solitario al margine del bosco lungo la strada che conduce a Biandino, nei pressi dell’Acqua san Carlo.

I botanici chiamano questa essenza erbacea Solanum dulcamara, appellativo scientifico imposto nella seconda metà del Settecento dal solito Linneo. L’appellativo generico reperisce le proprie radici nel latino “solamen” col significato di sollievo, conforto a causa delle proprietà sedative dei principi attivi contenuti soprattutto nelle bacche e nelle radici. Il nome specifico “dulcamara” trova origine nelle caratteristiche organolettiche dei piccoli rami che, se masticati, hanno sapore dolciastro seguito da un retrogusto amarognolo. Un tempo i bambini ne masticavano proprio come le radici di liquirizia (glycyrrhiza glabra).

Dulcamara è anche il nome del ciarlatano, sedicente medico, protagonista dell’opera lirica “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti. Elisir propinato in gran quantità dal medicastro, sotto forma di semplice vino, a Nemorino che vorrebbe fra cadere fra le sue braccia la bella Adina dai cui occhi, nel lieto finale, “una furtiva lagrima spuntò”. La medicina popolare e l’omeopatia riconoscono alla Morella (questo il nome volgare della pianta) proprietà sudorifere e antireumatiche.

A causa del contenuto di un alcaloide, la solanina, è però molto più prudente non ingerirne nonostante non si tratti di una delle essenze vegetali più tossiche. Proprio come per la “sorella” dai fiori bianchi e dalle bacche nere, Solanum nigrum, più nota come Erba morella (ne abbiamo parlato in questa rubrica il 21 agosto scorso), ingerirne i semi potrebbe essere pericoloso e causare l’insorgenza di sintomi anche gravi come vomito, dolori addominali, ipotermia, difficoltà respiratorie. Secondo alcuni testi sarebbero sufficienti una decina di bacche per produrre un’intossicazione grave.

Nella foto: a sinistra il fiore di Solanum ducamara; a destra le bacche mature

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