Gli antichi romani ne conoscevano bene le proprietà medicinali e gastronomiche. Soprattutto ne utilizzavano come contorno le radici insieme alle barbabietole. E, sempre in latino, si chiama Polypodium vulgare. Il termine polypodium deriva però dal greco e significa “dai molti piedi” forse perché ciascuna foglia è priva di gambo e sembra spuntare direttamente dal terreno. Gli appellativi comuni sono numerosi: falsa liquirizia, felce dolce, liquirizia di monte, felce quercina ed altri.
Come appare evidente dalla fotografia, si tratta di una felce dalle caratteristiche uniche: il rizoma (radice) ha un deciso gusto di liquirizia. Proprio come quella che da bambini masticavano sotto forma di legnosi bastoncini ricavati dalla radice della Glycyrrhiza glabra, quella che tutti conoscono. Se ne possono trovare piccole colonie durante tutto l’anno poiché le sue foglie non avvizziscono all’arrivo della stagione fredda. L’esemplare ritatto nella foto faceva bella mostra di sé qualche giorno fa, abbarbicato ad un masso di verrucano lungo la mulattiera che da Barcone porta a Prepiazz.
La radice è ricca di sostanze che le conferiscono un potere dolcificante molto superiore a quello dello zucchero. Possiede proprietà leggermente lassative e digestive mentre un tempo veniva utilizzata per attenuare il mal di gola e la tosse sotto forma di gargarismi. C’è chi impiega la radice del polipodo per aromatizzare la grappa ma trova impiego, essiccata e macinata, anche in cucina come aromatizzante abbinata a formaggi, latticini e dolciumi.